domenica 30 maggio 2010

Pipì al fresco

Come già scritto parlandovi delle "mie mogli", sabato 22 sono stato a una festa organizzata in un supermercato italiano di un amico qui a Colonia.

E ho scoperto dei servizi igienici per lo meno sui generis... :-)


Quello che vedete è un frigorifero posto in un corridoio fuori dal negozio.

Il cartello sopra il frigorifero dice: "Kundentoilette! Schlüssel an der Kasse". Traduzione: "Servizi igienici per i clienti! Chiavi alla cassa".
Forse serve a calmare i bollenti spiriti di noi italiani ;-)

Saluti,

Mauro.

venerdì 28 maggio 2010

Un pronto soccorso tedesco

Allora, come avete capito dagli ultimi messaggi, mi sono rotto un piede. Per la precisione mi sono fratturato il secondo, il terzo e il quarto osso del metatarso del piede destro.
Essendo fratture composte, nulla di poi così grave, a parte il non poter guidare fino a che non mi tolgono il gesso e la "rabbia" verso l'ortopedico che mi ha imposto due settimane di malattia e non solo una come volevo io.

Ma, va be'... passerà anche questa come ne sono passate tante altre.

Quello che oggi vi volevo raccontare è però l'avventura al pronto soccorso di lunedì (il piede me lo sono fratturato domenica, ma mi sono voluto illudere che non ci fosse nulla di rotto, quindi ho lasciato passare la notte prima di andare al pronto soccorso).

Premetto che lunedì qui in Germania era festa.

Verso le dieci di mattina, non sopportando più il dolore, decido di farmi vedere da un medico. Così chiamo un taxi, saltello su un piede solo giù per i miei due piani e mezzo di scale, salto sul taxi e mi faccio portare al pronto soccorso.
Tra una cosa e l'altra arrivo lì verso le 10.45. Mi presento - sempre saltellando su un piede solo - all'accettazione e da lì in sala d'attesa. Saremo in tutto 5-6 persone, tutte con cose da poco come la mia o da meno ancora.

Il tempo passa. Alcuni vengono chiamati, altri no. Intanto arrivano 1-2 codici rossi - che logicamente hanno la precedenza - ma il movimento al pronto soccorso del secondo ospedale di Colonia è veramente limitato.

E ci si tiene su a forza di caffè (nella sala d'attesa c'è un distributore di caffé, ma nessun distributore di bevande fresche o di cibarie varie).

Finalmente alle 14.00 (14.00!!!) vengo chiamato dal medico. Ascolta quello che mi è successo, osserva un po' il piede (gonfio, ma decisamente meno di quello che ci si aspetterebbe con una frattura, tanto che sono persino riuscito a infilarmi la scarpa da ginnastica, anche se non ad allacciarla) e mi manda a fare i raggi X.

Da radiologia mi mandano in sala d'attesa, dove ritrovo tutti i vecchi colleghi di sventura che avevo lasciato più un paio di facce nuove. E l'attesa ricomincia.
Alle 17.00 (17.00!!!) mi richiamano. Lo stesso medico di prima si mette ad analizzare con me le lastre, mi fa vedere le tre fratture, si consulta telefonicamente col primario e mi dice che devo fare una TAC al piede perché le fratture sono in una posizione che potrebbe nascondere anche qualcos'altro.
Vado a fare la TAC e poi torno nella ormai familiare sala d'attesa in mezzo a volti ormai familiari.

Nel frattempo ormai mi do del tu con il distributore automatico di caffé.

Dopo altre più di due ore vengo richiamato, stavolta c'è anche il primario. Esamina tutti gli esami, mi riguarda il piede e mi rassicura che il danno è limitato alle tre fratture citate, che non serve operazione e basta un gesso.

Tra una cosa e l'altra mi fanno il gesso intorno alle 20.00, poi aspetto le stampelle, la ricetta per le poche medicine necessarie e finalmente posso uscire.
Mi risiedo un paio di minuti in sala d'attesa per aspettare il taxi e mi accorgo che, pur essendo stato io lì dentro più di 9 ore, c'è gente ancora lì ad aspettare che era già lì la mattina quando io sono arrivato.

Siamo sicuri che, nella tanto disastrata Italia, io e queste altre persone avremmo aspettato così tanto?

Saluti,

Mauro.

giovedì 27 maggio 2010

Ossa rotte 2

L'ortopedico mi ha imposto due settimane di malattia a casa.
Io mi sento già in gabbia dopo tre giorni :-(

Saluti,

Mauro.

martedì 25 maggio 2010

Ossa rotte

Allora, oggi il vostro blogger ha 42 anni e 15 giorni...

Perché vi dico l'età con tanta precisione (del resto gli amici la sanno senza che gliela dica e agli altri in teoria non dovrebbe interessare)? Bene, leggete oltre e capirete.

Mauro è cresciuto negli anni '70, cioè quanto si andava in bicicletta senza protezioni nei posti più assurdi, si giocava a pallone in mezzo alla strada (scansandosi quando arrivava un'auto) e altre amenità simili.
Mauro ha giocato a livello non proprio basso a sport duri come il rugby e la pallacanestro (quest'ultima per circa quindici anni, non per un paio di mesi...).
Mauro si è divertito in vita sua ad arrampicarsi sulle Alpi e a tuffarsi dalle scogliere liguri e istriane.
Mauro ha avuto un paio di incidenti d'auto non da ridere (da uno, visto come erano ridotte le auto, in teoria avrebbe dovuto uscirne in una bara).
Mauro è caduto un paio di volte da scogliere non proprio fatte da cuscini.
E non è tutto.

Però Mauro, pur essendo pieno di cicatrici, pur avendo varie cartilagini danneggiate o addirittura mancanti, pur avendo avuto ematomi in quantità industriali... però, appunto, Mauro nonostante tutto non si è mai rotto un osso (pur rischiandolo un giorno sì e un giorno no).

O meglio... mai fino a due giorni fa.

Domenica 23 maggio 2010 Mauro è andato a giocare a Beach-Tamburello con amici. Senza impegno, senza agonismo, giusto per passare un pomeriggio rilassato... e il risultato lo vedete qui sotto:


Saluti,

Mauro.

sabato 22 maggio 2010

Un'altra moglie

Chi segue questo blog sa che tempo fa a Düsseldorf mi è stata "affibbiata" da una cameriera una moglie che non avevo (mai stato sposato in vita mia, purtroppo o per fortuna che sia).
Ma a quanto pare non è l'unica moglie che ho...

Oggi ho passato la giornata con amici a una festa organizzata da un supermercato italiano qui a Colonia, gestito da un caro amico.

Giornata piacevolissima con gente altrettanto piacevole.
Nel tardo pomeriggio ci ritroviamo intorno a un tavolo a bere e chiacchierare. Seduta di fianco a me c'è Ricciolina (chi ci conosce sa chi è, gli altri, se conoscono il tedesco, possono andarsi a leggere il suo piacevole e intelligente blog e scoprirlo).
A un certo punto arriva una conoscente, che NON conosce Ricciolina, mi saluta, la indica e mi chiede: "Ist sie Deine Frau?" (traduzione: "È tua moglie?").

Visto l'affetto che provo per Ricciolina... certamente è (sarebbe) una moglie molto meno sbagliata della precedente... però intanto io ora mi ritrovo bigamo. E senza essermi mai sposato :-)

Saluti,

Mauro.

venerdì 21 maggio 2010

Caffeina

Sto guardando le pile (virtuali, dato che ho la buona abitudine di lavarle dopo l'uso, non di abbandonarle nel lavandino) di tazzine da caffé che si accumulano sia a casa che in ufficio...

Non è che avrò bisogno di una cura disintossicante?

Saluti,

Mauro.

martedì 18 maggio 2010

Hanno detto di me

"Anche i fisici hanno un cuore, non un nucleo".

Saluti,

Mauro.

Addio Edoardo

Oggi sono in lutto, è morto un pezzo importante della cultura italiana (e non solo del '900): Edoardo Sanguineti.

Grande genovese e grande genoano, ma soprattutto grandissimo poeta e studioso.

Addio Edoardo.

Saluti,

Mauro.

sabato 15 maggio 2010

La caduta del muro

Nell'ultimo paio di settimane vi ho costretto a seguire le mie "pene d'amore", usando questo spazio come valvola di sfogo.

Ora è il caso di tirare le somme, di scrivere un "finale".
Non un finale nel senso che ho trovato un interruttore e ho spento i miei sentimenti. Un interruttore del genere non esiste. Non esiste per me come per nessun altro. I sentimenti o rimangono, rafforzandosi, o si affievoliscono lentamente fino a rimanere solo un dolce (o triste) sottofondo, un ricordo che ci portiamo dentro.

Questo finale che sto scrivendo è un'altra cosa. È la riconquista della lucidità, la possibilità di ricominciare a guardare le cose con un certo distacco.
E questo grazie a un evento che - sinceramente - avrebbe potuto anche portare tutt'altri risultati. Peggiori e pericolosi. Non è successo. Forse sono più forte di quel che credevo, forse è una logica conseguenza del comportamento veramente corretto di lei, forse è solo fortuna e né io né lei c'entriamo col ritorno della lucidità.
Però lunedì 10, per il mio compleanno, la ho rivista.
E ho potuto guardarla negli occhi senza fare o dire idiozie
Rivederla è stato un dolore. Ma un dolore in fondo bellissimo. Quasi terapeutico oserei dire. E ora posso ricominciare a guardare avanti.

Questo finale parte da molto lontano. La storia che vi racconterò comincia una quindicina di anni fa. In un altro paese, in un altro tempo, in un altro Mauro.
Soprattutto, forse, in un altro Mauro.

A quell'epoca ero innamorato, anzi fidanzato. Le cose finirono molto male e lasciarono ferite e conseguenze profonde. Non tutte le ferite si rimarginano senza lasciare segni. Le cicatrici non sempre spariscono.
E decisi di non innamorarmi più. Cominciai a costruire un muro intorno al mio cuore. Un muro per proteggermi e sentirmi forte.
Un paio di anni dopo provai a guardare oltre il muro... ma non poteva andare bene: volevo essere amato senza dover amare a mia volta.
E alzai e rinforzai ulteriormente il muro. Un muro senza porte e finestre. Che bloccava me, ma bloccava anche l'eventuale donna della mia vita: chi poteva riuscire a entrare in me se prima sbatteva contro un muro?
L'amore, quello con la "A" maiuscola, mi impedivo tanto di darlo quanto di riceverlo.

Siamo sinceri, non è che abbia dimenticato l'esistenza delle donne... non sono né un santo, né un eremita.

E i richiami della carne li sento anch'io.
Però non c'era strada per il mio cuore. Solo un muro intorno.
Le donne non volevo amarle, ma ho comunque sempre cercato di rispettarle... cercando di essere chiaro e non nascondendomi. Non sono certo mancati - come logico - nel corso degli anni malintesi e incomprensioni, però sotto questo punto di vista credo in vita mia da avermi da rimproverare relativamente poco, anche se qualcuna per colpa mia ha sofferto.

Comunque, quindici anni sono una vita. Vivendola a questo modo ci si secca dentro. Si comincia col rifiutare di amare, di innamorarsi e si finisce col non saper più amare. Si cerca di essere un giardino senza fiori e si diventa un deserto.

Poi accadde l'imprevisto. L'estate scorsa conosco una persona che capisco subito avere qualcosa di speciale, qualcosa di più.
Però c'è sempre questo vecchio robusto muro...
Piano piano il muro comincia a creparsi, non è più così solido, qualche mattone comincia a cadere...
Fino a che un giorno mi ritrovo solo un cumulo di macerie: il muro è crollato.

Ma non credetevi che sia così facile... sì, il muro era crollato... ma c'era ancora una maledetta sporca cosa chiamata orgoglio... tanti anni fa avevo deciso di non innamorarmi più e quindi non potevo cedere così facilmente. Non potevo semplicemente andare da una donna e dire "Mi sono innamorato di te", come fosse la cosa più naturale del mondo.
Non è per niente la cosa più naturale del mondo. Soprattutto per chi aveva deciso che non ci si deve proprio innamorare.

Però alla fine, se una persona non è masochista, l'orgoglio scende a più miti consigli e i sentimenti ottengono lo spazio che meritano.
Così... anche se con estrema fatica e (sinceramente) da imbranato un giorno ho preso il coraggio a due mani e mi sono fatto avanti. Anche gli ultimi spuntoni del muro erano crollati.
Mi sono sbloccato. Al di là della risposta che in seguito avrei ricevuto... ero di nuovo capace di amare. E soprattutto volevo di nuovo amare.

E questo, al di là di tutto, è un grandissimo regalo che mi ha fatto questa donna senza rendersene conto.

Il momento più importante è stata però la sera in cui ci siamo incontrarti per chiarirci, dopo che lei all'inizio aveva chiesto tempo.
Quella sera ho saputo dire a una donna, dopo secoli in cui non volevo neanche pensarlo, "Ti amo" guardandola negli occhi. Due parole che avevo cancellato dal mio vocabolario.
Sì, il muro era veramente e completamente caduto.

Purtroppo sapevo comunque già che avrei ricevuto un no. E quel no lo ho ricevuto.
Quello che non mi sarei mai sognato è il modo in cui lo ho ricevuto: chiaro, esplicito ma condito con un tatto, un rispetto e un affetto che non avrei mai ritenuto possibili in una situazione del genere.
Pur avendo io ricevuto un no, quella sera e il dialogo di quella sera rimarranno sempre nel mio cuore come un bellissimo ricordo.
Quella sera, quel no mi hanno fatto capire che non solo quel muro era crollato, ma che non sarebbe mai più stato ricostruito. Non verrà più ricostruito perché grazie a lei ora so che donne eccezionali, degne di essere amate ne esistono.

Come ha detto una persona a me carissima, che mi legge dentro come fossi un libro aperto... col suo farmi innamorare e col suo rifiutarmi questa donna "ha fatto la fortuna della prossima".
Certo, io avrei preferito che lei facesse la sua stessa fortuna e non quella della prossima (anche perché è evidente che in questo momento non può ancora interessarmi l'esistenza - virtuale o reale che sia - di una "prossima"), però in questa frase credo ci sia un fondo neanche piccolo di verità... sempre che sia una fortuna trovare uno come me.

Comunque, il comportamento di questa donna le ha guadagnato il mio rispetto e ammirazione assoluti, a vita. Qualunque cosa succeda avrà sempre un posto speciale in me e sarò sempre pronto a fare tutto per lei, per la riconoscenza che a questo punto le devo. Indipendentemente dal fatto che io sia un innamorato, un amico, un conoscente o qualsiasi altra cosa.

In questo momento in fondo non me ne rendo ancora conto, ma grazie a questa storia sono rinato. Non sono più un arido deserto, tutto è possibile ora.

E so che ora con lei si potrà sviluppare una splendida amicizia.
Tutto ciò che le chiedo è un po' di pazienza. Non la pazienza di aspettare, ma la pazienza di accompagnarmi in questo cammino che mi porterà dall'innamoramento all'amicizia. Amicizia vera.
Quanto lungo sarà questo cammino non lo so. So però che, se ci sarà la pazienza di cui sopra, il raggiungimento della meta è garantito.
Io la mia parte, il mettere da parte lo stupido orgoglio che porta a volere o tutto o niente, la sto facendo. Con fatica, ma la sto facendo.

Spero sinceramente che lei leggerà questo lungo messaggio. Ho la presunzione di pensare che molte cose che ho scritto qui sopra le potranno far piacere.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Sono distrutto dalla fatica... ci ho messo più di tre giorni a scrivere questo messaggio. Certe volte una maratona o un ironman sono molto più leggeri, meno faticosi del liberarsi l'anima...

mercoledì 12 maggio 2010

Münster

Domani si torna a Münster.

Per un "animale" da città, da grande città, come me può suonare strano... ma Münster è un rifugio dell'anima, il posto qui in Germania dove ritirarmi quando ho bisogno di pace, di tranquillità... di ritrovare me stesso. Dove sentirmi al tempo stesso protetto e forte.

Münster, in fondo, è la mia piccola Genova tedesca.

Saluti,

Mauro.

Moriremo tutti stupidi?

Graffito appena letto su un muro alla stazione ferroviaria di Düsseldorf: "Geld macht Dumm. Armut auch".

Traduzione: "Il denaro rende stupidi. La povertà anche".

Sinceramente mi sono un po' preoccupato.

Saluti,

Mauro.

domenica 9 maggio 2010

Guardare in faccia la realtà

Ora che le nebbie cominciano a diradarsi, che un po' di lucidità ritorna, è ora di avere il coraggio di guardare in faccia la realtà.

Ho voluto, ho cercato il meglio. E per un po' mi ero anche illuso.

Ma chi vuole il meglio deve a sua volta poter offrire il meglio.
E cosa potevo offrire io? La mia tristezza, la mia solitudine, i miei problemi.
Non c'era possibilità. Avrei dovuto capirlo subito. Invece...

Ho puntato troppo in alto. E conseguentemente sono caduto.

Saluti,

Mauro.

E ora pausa

Ieri sera c'è stato l'ultimo di una serie di eventi all'interno della rete italo-tedesca di cui faccio parte.

Devo essere sincero: ultimamente non avevo nessuna voglia di partecipare, di vedere gente, soprattutto gente - per quanto splendida - di un certo giro.
Ma di questi ultimi eventi ero l'organizzatore, purtroppo non potevo rinunciare.
Quindi... farsi forza, mettersi un sorriso di plastica sulla faccia e andare facendo finta che fosse tutto normale, che andasse tutto bene.

Ma niente va bene.

Ora mi prendo una pausa, per un po' non organizzerò nulla e probabilmente non parteciperò neanche a nulla.
Me ne starò solo. Che è altrettanto male, anzi forse peggio, visto che la solitudine porta pensieri neri.
Ma almeno la solitudine non mi obbliga a recitare.

Saluti,

Mauro.

venerdì 7 maggio 2010

Aeroporti e sicurezza

Molti dei miei lettori (sempre che ne sia rimasto qualcuno dopo gli ultimi messaggi molto personali e soprattutto poco allegri) sanno che per lavoro viaggio molto in aereo.

Dopo il famoso 11 settembre 2001 c'è stata una corsa alla sicurezza. E negli aeroporti più ancora che altrove.
Non si può più portare nulla di neanche vagamente pericoloso in cabina e bisogna sempre e comunque essere riconoscibili, quasi schedati.

Ora voglio raccontarvi due avventure capitatemi qualche tempo fa (entrambe comunque ben dopo l'11 settembre 2001) e tornatemi in mente oggi pomeriggio, dopo aver visto quanto ridicoli fossero i controlli all'aeroporto di Tegel (Berlino).

I commenti li lascio a voi.

1) Anno 2005, volo Colonia-Milano.

Mi metto in viaggio da casa coi mezzi pubblici per raggiungere l'aeroporto. Arrivato quasi a destinazione mi accorgo con sgomento di aver dimenticato a casa tanto la carta d'identità quanto il passaporto.
Non posso tornare a casa a prenderli: troppo tardi, avrei perso l'aereo. Quindi metto su una faccia di bronzo e provo ad andare avanti.
Al check-in faccio presente la situazione e l'impiegata, senza fare una piega, mi dice: "Ha almeno qualcosa dove ci siano foto e indirizzo?". Passo il check-in grazie al tesserino di donatore di sangue della Croce Rossa tedesca.
All'imbarco mi chiedono solo il biglietto e nessun documento. Quindi volo in Italia tranquillo, atterro a Milano e mi prendo il treno per Genova.
Per sovrappiù, al ritorno, passo in macchina due confini (Italia-Svizzera e Svizzera-Germania) completamente senza documenti. E la Svizzera non era ancora nell'area Schengen.

2) Anno 2009, volo "circolare" Düsseldorf-Norimberga-Copenhagen-Düsseldorf.

Mi metto in viaggio - stavolta con i documenti! - da Düsseldorf a Norimberga. Volo interno tedesco. Tutto bene.
Da Norimberga (dopo aver assistito ivi a un convegno) mi rimetto in viaggio per Copenhagen, causa progetto da gestire in Danimarca. Tutto bene.
Dopo due giorni di lavoro in Danimarca riprendo l'aereo a Copenhagen per tornare a Düsseldorf. Copenhagen - dopo il caos delle vignette antiislamiche pubblicate su giornali danesi - è l'aeroporto più controllato d'Europa. Ancora tutto bene.
Arrivato a Düsseldorf cerco un taxi e mi metto in cammino verso casa, a Colonia.
Dentro il taxi, infilo la mano nella tasca interna della giacca per prendere la penna e cosa trovo? Un cacciavite con la punta in metallo lunga quasi dieci centimetri. Un cacciavite che avevo usato poco prima di partire e che mi ero dimenticato di avere in tasca. Un cacciavite sfuggito ai controlli di tre aeroporti, uno dei quali il più controllato d'Europa.

Saluti,

Mauro.

martedì 4 maggio 2010

Aeroporto

E riprende la solita triste vita.
Da un freddo aeroporto all'altro. Da un'anonima stanza d'albergo all'altra.

Solo. Come sempre.

Per un attimo una luce abbacinante ha illuminato il mio mondo. Ora è rimasta solo l'ombra.
Ma l'ombra può esistere solo se da qualche parte c'è ancora luce, seppur fioca...

Saluti,

Mauro.

domenica 2 maggio 2010

Cuore apolide

L'altro giorno sono stato "accusato" di essere un cuore apolide... sul momento mi sono preoccupato, anzi quasi offeso... mi suonava come essere un puttaniere, un casanova, uno che promette il proprio cuore a ogni donna e non lo da a nessuna (o viceversa)...

Poi, per fortuna, la cosa si è chiarita: il mio cuore era, secondo questa persona, geograficamente apolide, non sentimentalmente.

Però smentisco comunque categoricamente.

In vita mia ho vissuto in molte città: Genova, Bergamo, Eindhoven, Münster, Stoccarda, Colonia.
E ho "come vissuto" in altre: Cuneo, Torino, Bergisch Gladbach, Monaco di Baviera, Heidenheim, Duisburg, Helsingör.

Però, mentre il corpo e la mente erano in giro per l'Italia e l'Europa, il cuore non è mai stato apolide.

Il cuore non è mai uscito di un millimetro dai confini di Genova.

Saluti,

Mauro.